Type de texte | source |
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Titre | Della difesa della Comedia di Dante |
Auteurs | Mazzoni, Jacopo |
Date de rédaction | 1587:1598 |
Date de publication originale | 1587, 1688 |
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(t. I, III, 53 ), p. 633
Narra medesimamente Plinio, ch’Apelle si mise a dipingere quelle cose, ch’erano stimate non dipingibili. Tonitua, fulgetra, fulguraque ; Et Eliano soggiunge, ch’egli per questo fù stimato più maraviglioso pittore, che non era per l’addietro. E questa gloria non puote nascere per altro, se non per aver voluto imitare cose non imitabili. Per questa medesima ragione credo io, che li poeti prima si mettessero a poetare sopra le cose dell’Inferno. [[4:suite : Néalcès]]
Dans :Apelle et l’irreprésentable(Lien)
(t. I, III, 58), p. 646
Nella imitatione anchora phantastica si deve rassomigliare una cosa sola distinta da tutte l’altre, se l’imitatione hà da essere veramente buona, e n’habbiamo essempio pur nell’istesse parole di Plinio, dov’egli racconta l’eccellenza d’una pittura d’Aristide Thebano. Huius pictura est oppido capo ad Matris morientis e vulnere mammam adrepens infans, intelligiturque sentire mater, et timere, ne e mortuo lacte sanguinem infans bibat. Si vede in questa pittura l’eccellenza dell’Idolo, poiche per mezzo di quello si rappresentava efficacemente una sola cosa di quella sola donna, la quale havea voluta rappresentare quel pittore distinta da tutte l’altre. Hora si come nella pittura, cosi anchora nell’altre arti imitatrici è l’Idolo tanto più degno, e tanto più eccellente, quanto più rappresenta quella sola cosa, per la quale è fatto. E per questo hà detto Aristotele, che in tutte l’altre arti imitatrici l’imitatione è una d’uno, cioè, che vi si rappresenta una sola cosa d’uno.
Dans :Aristide de Thèbes : la mère mourante, le malade(Lien)
, « Discorso intorno a concetti di scultura, e di pittura, che si trovano in Dante » (numéro t. II, V, 16) , p. 375-376
Seguita Dante [[1:Purg. 10]]
L’Angel, che venne in terra col decreto
De’ la molt’ anni lacrimata pace,
Che’aperse in Ciel dal suo longo divieto ;
Dinnanz’a noi pareva si verace
Quiv’intagliato in’ un’ atto soave ;
Che non sembiava imagine, che tace.
Giurato si saria, ch’ei dicess’Ave ;
Però ch’ivi era imaginata quella,
Ch’ad aprir l’alt’Amor volse la chiave,
Et havea in atto impressa esta favella ;
Ecce ancilla Dei si propriamente,
Come figura in cera si sugella.
Ne’ quali mostra Dante l’eccellenza dell’artefice per haver espresso i sentimenti, & i costumi dell’anima, la qual cosa perche fù desiderata nell’opere di Phidia, pero fù anchor egli per questo stimato giudice imperfetto come testimonia Plinio. Primus hic multiplicasse varietatem videtur, numerorior in arte quam Polycletus, et symetria diligentior, et ipse tamen corporum sensus curiosus, animi sensus non expressisse. Aristide perché fù il primo, che nelle pitture palesò l’animo interno ne’ fù anchora dall’Antichita lodato, onde Plinio di ciò parlando ci ha lasciato in scritto gl’effetti d’una sua bellissima pittura cosi. [[1:Lib. 35. Cap. 10]] Aequalis eius fuit Aristides Thebanus. Is omnium primus animum pinxit et sensus hominis expressit, quae vocant Graeci ἤθη, item perturbationes, durior paulo in coloribus. Huius opera oppido capto ad matris morientis ex volnere mammam adrepens infans : intellegiturque sentire mater et timere, ne emortuo e lacte sanguinem lambat. Et oltre l’affetto mostra Dante, che nella scoltura vi erano quasi espresse le parole ; in che fù pure anchora lodato Aristide pittore, come quello, che nelle pitture dimostrasse quasi la voce, onde Plinio nel medesimo luogo parlando del medesimo scrisse. Pinxit et currentes quadrigas, et supplicantem pene cum voce. [[4:suite : Zeuxis Athlète]]
Dans :Aristide de Thèbes : la mère mourante, le malade(Lien)
, Introduzione (numéro t. I) , § 22
E Plutarco nel libretto, dov’egli insegna il modo col quale si devono ascoltare li poeti, scrive chiaramente che la poesia è una pittura parlante, e soggiunge, che come nella pittura non si biasima la brutezza delle cose rappresentate, purché elle siano imitate bene, che medesimamente nella poesia non si deve biasimare la brutezza dei costumi, s’ella sia espressa artificiosamente.
Dans :Cadavres et bêtes sauvages, ou le plaisir de la représentation(Lien)
, Introduzione (numéro t. I) , § 72
Hora egli si deve sapere, che (come hà scritto Aristotele nel decimo dell’Ethica) il diletto è un’accidente proprio d’alcune operationi, e frà l’altre è senza dubbio molto proprio dell’imitatione, poich’egli pare di maniera congiunto con quella, che non si può ritroare in modo alcuno imitatione, la quale non rechi insieme diletto, e piacere. E ce ne fanno pieno, & autentico testimonio molti scrittori antichi, e frà gli altri Aristotele, e Plutarcho. Sinon le parole d’Aristotele nella Poetica. E ciascuno si rallegra delle imitationi, di che habbiamo segno nell’opere ; percioche noi con diletto risguardiamo l’imagini, e specialmente se son fatte con diligenza di quelle cose, che noi con noia veggiamo, come le forme delle bestie, che sono vive abhorrite, e de’ corpi morti. Plutarcho nel libretto, dove hà insegnato in che modo si devano ascoltare i poeti. Percioche si come noi udiamo senza fastidio il grugnito del porco, e lo strido della carrucola, e’l fremito del vento, e lo strepito del mare : ma se alcuno imiterà quelle cose commodamente, come Parmenone il porco, e Theodoro le carrucole ci dilettiamo. Cosi fuggiamo gli huomini infermi, o che sono in sospetto di qualche male, come spettacolo non giocondo : ma veggiamo con allegrezza il Philotete d’Aristophonte, e la Giocasta di Silamone, che rappresentano persone, le quali muiono, come tisiche.
Dans :Cadavres et bêtes sauvages, ou le plaisir de la représentation(Lien)
(III, 53), t. I, p. 633-634
E si come Nealce pittore volendo dipingere una battaglia navale, che fù fra le genti d’Egitto, e di Persia nel Nilo, ne potendo dimostrare a suo modo l’acqua del Nilo per essere ella in tutto simile a quella del mare, s’imaginò di mostrarlo per mezo di quello, che tutti gli scrittori hanno detto de gli animali propri del Nilo, cioè, ch’egli sia copiosissimo di crocodili. E però finse in quella pittura un’asinello, che bevea nel fiume, & un crocodilo, che gli tendeva aguati, e con questo modo palesò ingegnosamente, che quell’acqua era finta per acqua del Nilo. Così non havendo potuto Dante distintamente rappresentarci l’horrore, e lo spavento delle tenebre infernali è ricorso a tutte quelle cose, colle quali gli antichi scrittori e poeti le haveano date ad intendere agli uomini, cioè a Charone, a Minosse, a Cerbero, alla Palude Stige, & a cose simili.
Dans :Néalcès et le crocodile(Lien)
, « Discorso intorno a concetti di scultura, e di pittura, che si trovano in Dante » (numéro t. II, v. 1587, 1688, V, 16) , p. 379
Et soggiunse[[5:Virgilio.]] dimostrando, come egli[[5:Vulcano.]] haveva dipinto il Nilo con l’acque cerulee.
Contra autem magno mærentem corpore Nilum
Pandentem sinus, & tota veste vocantem
Cæruleum in gremium, latebrosaque flumina victos.
Et perché sò, che potrebbe porgere maraviglia a molti il vedere, che Virgilio faccia dipingere il Nilo fiume con l’acque colorate nel modo, che sono quelle del mare, però voglio soggiongere, essere questo un secreto, che fù dichiarato da Nealce pittore in una sua tavola, della quale ha fatto mentione Plinio colle seguenti parole. [[1:Lib. 35 cap. 10]] Nealces Venerem pinxit ingeniosus, et solers in arte, si quidem cum prælium navale Ægyptiorum, et Persarum pinxisset, quod in Nilo cuius est aqua maris similis factum volebat intellegi, argumento declarauit quod arte non poterat, asellum enim bibentem in litore pinxit, et crocodilum insidiantem ei.
Dans :Néalcès et le crocodile(Lien)
, « Discorso intorno a concetti di scultura, e di pittura, che si trovano in Dante » (numéro t. II, V, 16) , p. 377
[[4:suit Parrhasios Hoplite]] Ma ci scuopre Dante anchora un’altro artificio, & è l’ecccellenza dello scultore intorno all’estreme parti del corpo, perche il fumo è l’estrema parte del fuoco, il cantare si scuopre nell’estrema parte della bocca, la qual cosa è importantissima sopra l’altre nella pittura, e nella scultura, di che parlando Plinio ha lasciato un bellissimo precetto a tutti quelli, che devono far professione di simil’arte. [[1:Lib. 35 lib. 10]] Parrhasius Ephesi natus, et ipse multa constituit. Primus symetriam picturæ dedit, primus argutias vultus, elegantiam capilli, venustatem oris, confessione artificum in lineis extremis palmam adeptus. Hæc est in pictura summa subtilitas. Corpora enim pingere et media rerum est quidem magni operis, sed in quo multi gloriam tulerint. Extrema corporum facere, et desinentis picturae modum includere, rarum in successu artis inuenitur. Ambire enim debet se extremitas ipsa, et sic desinere, ut promittat alia et post se ostendatque etiam quae occultat. Nelle quali parole di Plinio hanno i pittori un bellissimo concetto, col quale ponno schifare quei vitii, che vengono da essi sotto nome di crudeggiare, e di tagliare dimostrati. [[4:suite : Pausias bœuf]]
Dans :Parrhasios et les contours(Lien)
, « Discorso intorno a concetti di scultura, e di pittura, che si trovano in Dante » (numéro t. II, V, 16) , p. 376
Soggiunge Dante poco più innanzi.
Era intagliato li nel marmo stesso
Lo carro, e buoi trahendo l’arca santa ;
Perche si teme officio non commesso.
Dinanzi parea gente ; & tutta quanta
Partita in sette chori a due miei sensi
Facea dicer l’un nò, l’altro si canta.
Similmente al fumo degl’incensi,
Che v’era imaginato, gli occhi o’l naso
Et al si & al nò discordi sensi.
Lì precedeva al benedetto vaso
Trescando alzato l’humile salmista ;
Et più & men, cher è era’n quel caso.
Di contra effigiata ad una vista
D’un gran palazzo Michol ammirava ;
Si come donna dispettosa & trista.
Ne’ quai versi oltre il dimostrare l’artificio dello scultore coll’haver palesato gli affetti dell’animo, come si è detto anchora poco di sopra, vi ha aggionto anchora un’altro miracoloso artificio, & è dell’haver quasi scolpito, & il canto, & il fumo : cosi sappiamo, che Parrasio appresso Plinio vien lodato per haver rappresentato in’una pittura il sudore, e l’anhelito d’uno, che s’affatticava [[1:Lib. 35. cap. 10]] Sunt et duæ eius pictura nobilissimæ hoplitides alter in certamine ita decurrens, ut sudare uideatur, alter arma deponens, ut anhelare sentiatur. [[4:suite : Parrhasios contours]]
Dans :Parrhasios, les Hoplites(Lien)
, « Discorso intorno a concetti di scultura, e di pittura, che si trovano in Dante » (numéro t. II, 1688, V, 16) , p. 377
Seguita Dante.
I moss’i piè dal loco, dov’io stava,
Per avisar da presso un’altra historia,
Che diretto a Michol mi biancheggiava.
Dove habbiamo un’altro bellissimo concetto di pittura, e di scultura, cioè che le cose, che hanno da comparire più rilevate, hanno ad esser tinte di color bianco ; onde Plinio si maraviglia di Pausia pittore, che rendesse le sue pitture eminenti, che parevano spuntare dalla tavola solamente col color negro. [[1:Lib. 35 cap. 11]] Dein cum omnes, quae uolunt eminentia uideri, candicanti faciant coloremque condiant nigro ; hic totum bouem atri coloris fecit, umbraeque corpus ex ipsa dedit, magna prorsus arte in aequo extantia ostendens, et in confracto solida omnia.
Dans :Pausias, le Bœuf(Lien)
(t. I, II, 8), p. 259-260
Dico adunque, che Platone in quel suo divieto non ha dannato assolutamente il commovimento delle nostre passioni, essendoché per suo parere elle si possano commovere col giovimento dell’uomo : ma si bene ha riprese quelle, che ci recano danno e nocumento, et in speciale ha biasimati que’ poeti, che piantano il timore della morte nel petto degli huomini, più di quello che si converebbe, e sono in conseguente cagione di render molli e vili quelli che gli ascoltano. E che l’intentione di Platone sia quella, c’hora diciamo ; può a tutti chiaramente apparere per quello, ch’egli dice nel principio del terzo libro della Republica. Putas ne eum, qui hæc terribilia esse existimet, intrepidum ad mortem futurum, in ipsaque pigna mortem servitutu et captivitati praepositurum ? Con quello che segue. Dico adunque, che Platone biasima in particolare la viltà, con che le persone imitate da poeti sopportano li casi aversi. Et in questo bene dice Proclo, che di mente di Platone riprese quella tragedia, che fosse (com’egli dice) εἰς θρώες ἀγενεῖς καθελκουσα. atta a rapirci ne’ vili lamenti. Ma[[6:À partir d’ici, le texte est reproduit dans le t. II, p. 242 sq.]] dalle predette cose nasce una bellissima quistione, et è se di mente di Platone possa nella tragedia haver luogo la misericordia. E pare primieramente, che nò ; percioche s’egli hà voluto, che non si possano rappresentar in scena quelli, che palesano le sue sciagure con lamenti, con dolori, e con querele, pare che in conseguenza habbia levato dalla tragedia la compassione ; perche come disse Horatio, bisogna prima piangere, se vogliamo, che gli ascoltanti pianghino.
Vt ridentibus adrident, ita flentibus adsunt
Humani vultus. Si vis me flere, dolendum est
Primum ipsi tibi, tunc tua me infortunia laedent
Aulo Gellio volendo anchor egli dimostrare quanto fossero necessarie le lagrime, e’l dolore di quello, che parla per commovere l’affetto de’ veditori, dice che Polo, che fù un’histrione tragico di gran nome, dovendo comparir in iscena colla persona d’Elettra, la qual portava in un’urna l’ossa di Oreste suo fratello, e vi piangeva sopra, per commovere con questo spettacolo più gli ascoltanti, portò in palco un’urna coll’ossa del figliuol morto, accioché piangendo per questo più da dovero, facesse insieme più piangere quelli, che l’udivano. [[1:Lib. 7. c. 5]] M. Tullio nel Bruto hà confermato questo parere colà, dov’egli mostra, che M. Calidio accusò Q. Gallio, che havesse apprestato veleno per ucciderlo. Hora dice Cicerone, che per difesa di Gallio egli così rispose a Calidio. Tu istuc M. Calidi nisi fingeres, sic ageres ? praesertim cum ista eloquentia alienorum hominum pericula defendere accerrime soleas, tuum negligeres ? ubi dolor ? ubi ardor animi ? qui etiam ex infantium ingeniis elicere voces, et querelas solet, nulla perturbatio animi, nulla corporis frons non percussa, non foemur, pedis, quod minimum est, nulla supplosio. E fù questo medesimo detto anchora da Valerio Massimo [[1:Lib. 8. c. X]], e da Quintiliano [[1:Lib. XI. C. 3]]. Se adunque Platone vuole, che si mostri virilità nel sopportare le fortune avverse, non bisognarà, che l’histrione finto misero pianga, o si lamenti, e per tanto fuggendo il precetto delli predetti autori, non potrà muovere la compassione della tragedia, che viene da Aristotele lodata.
Dans :Polos, si vis me flere(Lien)
, « Discorso intorno a concetti di scoltura e di pittura che si trovano in Dante » (numéro V, 16) , t. II, p. 379
(En 8) Per isposizione delle quali Servio dice alcune cose, che chiaramente mostrano ch’egli non intese l’artificio della pittura toccato da Virgilio, dice dunque : Mulcere aeternos, non quod in pictura erat dicit, sed id quod intellegimus factum fuisse, ut, Ter circum Iliacos raptaverat Hectora muros. Ma io credo, che Virgilio volesse mostrare un’artificio che fù introdotto da Timante pittore, col quale egli fù solito sempre di rappresentare nelle pitture più di quello che ivi fose dipinto, come si vede nell’infrascritte parole di Plinio. Atque in omnibus ejus operibus intelligitur plus semper quam pingitur ; et cum ars summa sit, ingenium tamen ultra est.
Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)
, « Discorso intorno a concetti di scultura, e di pittura, che si trovano in Dante » (numéro V, 16) , t. II, p. 379
Ma io credo, che Virgilio[[6:Dans la description du bouclier d’Énée.]] volesse dimostrare in quella pittura un’artificio, che fù introdotto da Timante pittore, col quale egli fù solito sempre di rappresentare nelle pitture più di quello, che ivi fosse dipinto, come si vede nell’infrascritte parole di Plinio. [[1:Lib. 35 cap. 10]] Egl’è dunque verisimile, che Virgilio volesse dimostrare un’artificio simile di Vulcano, come sarebbe s’egli havesse lasciato quelche segno nel fanciullo, che all’hora non era allevato dalla lupa, per lo quale altri potesse giudicare, che poco prima fosse stato allevato.
Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)
, « Discorso intorno a concetti di scultura, e di pittura, che si trovano in Dante » (numéro V, 16) , t. II, p. 376
[[4:suit Aristide]] Hora di quanta gloria fosse a pittori, & a scultori il dipingere, e scolpire le figure le passioni dell’animo dimostranti, lo dimostrò chiaramente Zeusi, il quale havendo dipinto una figura cosi fatta, sottoscrisse nella medema tavola di sua mano, che altri più tosto invidiarebbe, che imitarebbe simile pittura.
Dans :Zeuxis, l’Athlète(Lien)
, « Discorso intorno a concetti di scultura, e di pittura, che si trovano in Dante » (numéro V, 16) , t. II, p. 374-375
Finge Dante adunque, che il luogo, dove i Superbi vengono puniti vi havesse un pavimento tutto intagliato di figure di varia scultura.
Lassù non eran mossi i piè nostri anco ;
Quand’io conobbi quella ripa intorno,
Che dritto di salita haveva manco,
Esser di marmo candido, & adorno
D’intagli si, che non pur Policleto,
Ma la natura gl’havverebbe scorno.
Dove mostra Dante, che lo scultore non si propose niun’artefice per eccellente, che fosse da imitare, e da vincere, ma la natura istessa, il che fù levato da quel luogo di Plinio [[1:Lib. 34 Cap. 8]]. Lysippam Sicyonium Duris negat, Tullius fuisse discipulum affirmat, sed primo ærarium fabrum cudendi rationem cæpisse pictoris Eupompi responso ; eum enim interrogatum, quæ sequeretur antecedentium dixisse demonstrata hominum multitudine, naturam ipsam imitandam esse, non artificem. Cosi anchora Zeusi per dipingere perfettamente una bellissima Donna non volle imitare altro, che la natura, & imitandola, insieme la volle superare, poiche le perfettioni, ch’ella sparse in molti corpi, da lui furono in un solo raccolte, di che parlando medesimamente Plinio, cosi scrive [[1:Lib. 35. Cap. 9]] Depræhenditur tamen Zeuxis grandior in capitibus, articulisque : alioquin tantus diligentia, ut Agrigantinis facturus tabulam, quam in templo Iunonis Laciniae publice dicarent, inspexerit virgines eorum nudas, et quinque elegerit, ut quod in quaque laudatissimum esset pictura redderet. [[4:suite : Aristide]]
Dans :Zeuxis, Hélène et les cinq vierges de Crotone(Lien)